lunedì 3 agosto 2009

Libri: il cervello vive ciò che legge così il romanzo diventa realtà


"'Ci sono cose che non si possono capire con la riflessione, bisogna viverle'. La citazione è presa da La storia infinita, l'opera di Michael Ende nella quale un ragazzino finisce per vivere le avventure del libro che sta leggendo. Ora una ricerca mostra che, mentre la fantasia di Ende non era poi così lontana dalla realtà, la sua frase è probabilmente, per certi versi, sbagliata: leggere una storia è proprio come viverla davvero. Almeno, è così per il nostro cervello. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Psychological Science, quando leggiamo un libro nella nostra testa si attivano le stesse aree che si metterebbero in moto se ci trovassimo realmente nella situazione descritta. Dimostrando questo meccanismo i ricercatori della Washington University di Saint Louis, guidati da Jeffrey Zacks, credono di aver trovato un'importante chiave per comprendere come avvenga l'immedesimazione nelle storie e anche come si siano sviluppati gli strumenti della comunicazione e il linguaggio. La ricerca prende le mosse da precedenti lavori che avevano analizzato la reazione del cervello alla somministrazione di video, immagini e parole scritte. Ma mentre questi studi prendevano in esame la visione di singole parole, Zacks e i suoi collaboratori hanno osservato per la prima volta il comportamento del cervello durante la lettura di passaggi prolungati. Le immagini dell'attività cerebrale, ottenute con tecnica della risonanza magnetica funzionale hanno confermato che la nostra mente reagisce ai brani scritti attivandone le stesse regioni che si 'illuminerebbero' se quegli eventi accadessero davvero. I ricercatori hanno individuato sei aree del cervello che si attivano quando viviamo cambiamenti riguardanti gli oggetti, le persone, lo spazio, il tempo, gli obiettivi o le cause di un'azione. Poi hanno sottoposto a ventotto volontari alcuni brani tratti dal libro One Boys Day, un testo che descrive la vita quotidiana di Raymond, un bambino di sette anni. La scelta non è caduta su classici della letteratura o bestseller, perché l'esperimento, ha spiegato Zacks, aveva bisogno di un libro 'privo di quelle tecniche narrative (come i salti temporali o i monologhi interiori) che avrebbero reso difficile la generalizzazione dei risultati. In questo modo è stato possibile verificare che il cervello reagisce ai cambiamenti descritti in un testo proprio come fa di fronte ai cambiamenti reali: 'ci sono aree focali coinvolte in maniera selettiva in ognuna di queste elaborazioni', spiega Zacks. Gli psicologi della Washington University hanno potuto notare anche la differenza tra il comportamento del cervello di fronte alla lettura di una singola parola o frase e quello che accade quando si ha a che fare con un brano più lungo: leggendo la farse 'alzò il braccio destro', nella nostra testa si attiva esattamente l'area che controlla quell'azione. La stessa frase 'annacquata' in un passaggio più articolato ha effetti su tutta l'area che presiede alle funzioni motorie. 'Il linguaggio', si legge nella ricerca, 'potrebbe aver adottato questo meccanismo nel corso dell'evoluzione umana per consentire di comunicare le esperienze in maniera più efficace e vivida'. Il prossimo passo sarà capire perché alcune persone abbiano più capacità di immedesimarsi nei libri di altre, perché certi lettori riescano a visualizzare nitidamente le storie e altri no. 'Cis ono lettori, anche avidi, che però ci dicono di non avere nessuna immagine in mente quando leggono', spiega Zacks. I ricercatori ipotizzano ci siano differenze individuali e che la gestione di questi processi possa modificarsi anche nello stesso soggetto nel corso della vita. Ma la letteratura potrebbe aver già risposto alla loro domanda. 'Ci sono molti libri magici', scriveva Michael Ende nel 1979, 'tanta gente li legge e non se ne accorge. Dipende tuto da chi mette le mani sul libro'." (da Alessio Balbi, Libri: il cervello vive ciò che legge così il romanzo diventa realtà, "La Repubblica", 01/08/'09)

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