sabato 22 agosto 2009

Le nostre biblioteche salvate dalle donne


"Donna. Giovanissima. Settentrionale. E' l'identikit di chi frequenta più assiduamente le biblioteche italiane, quello di un'eroina solitaria in un paese che conserva i migliori primati in fatto di scarsi consumi culturali. E che forse a questi primati tiene molto, visto che, messo alle strette finanziariamente, decide comunque di abbattere la scure sul corpo gracilissimo delle biblioteche: la Nazionale di Roma, la più grande biblioteca che ci sia in Italia, aveva nel 2001 uno stanziamento di tre milioni di euro, ma nell'ultimo bilancio dello Stato c'è un milione e mezzo. Meno servizi possono offrire le biblioteche, meno la gente è invogliata a credere che quello sia un luogo utile o piacevole da frequentare. Di biblioteche, ma su scala mondiale, si discute a Milano dal 23 al 27 agosto, in occasione del 75° Congresso mondiale dell'IFLA (la principale associazione internazionale dei bibliotecari). Le biblioteche sono uno dei principali indicatori della cultura diffusa di un Paese. Il loro numero, il loro stato, la loro dislocazione dicono moltissimo sul benessere collettivo di una collettività. 'Tre quarti e più dei Comuni italiani sono privi di biblioteche', spiega Tullio De Mauro linguista e studioso della cultura diffusa. 'Se riuscissimo a trasformare la spesa per aprire biblioteche in spesa obbligatoria, otterremmo ottimi risultati: per metà i libri letti nei Paesi a più alto sviluppo della lettura, da New York alla Spagna, sono proprio quelli consultati o presi in prestito dalle biblioteche'. Il sistema italiano è molto complesso. Ci sono le grandi biblioteche nazionali (Roma, Firenze), le meravigliose biblioteche di conservazione (a Roma la Casanatense, la Vallicelliana, l'Angelica, ma anche l'Apostolica in Vaticano, l'Ariostea a Ferrara, la Braidense, l'Ambrosiana, la Trivulziana a Milano), adibite soprattutto a tutelare un patrimonio librario antico e preziosissimo. E poi le biblioteche comunali, provinciali, universitarie, scolastiche. Secondo l'ICCU le biblioteche in Italia sono 12400. Ma altri ne contano almeno quindicimila. Solo l'11,7% degli italiani, seimilioni e centomila persone, è andato in una biblioteca almeno una volta nei dodici mesi precedenti il 2007, quando l'ISTAT ha condotto l'ultima delle sue indagini sulla lettura in Italia. E negli altri Paesi? In Gran Bretagna il 58% della popolazione possiede una tessera di biblioteca. In Spagna gli iscritti nel 2006 erano il 23% degli abitanti. In Francia sono il 20%, ma i francesi che sono andati almeno una volta in biblioteca nell'ultimo anno sono il 35%. Chi va in biblioteca in Italia? Oltre la metà di quell'11,7% c'è andato per studio o per lavoro. L'abitudine poi, è abbastanza diffusa tra i più giovani: il 38% dei ragazzi fra gli 11 e i 14 anni, il 34% di quelli fra i 15 e i 17 anni. Dopo i trentaquattro anni, i frequentatori scendono sotto il 10%. Le donne frequentano le biblioteche più degli uomini (13,2% contro 10,1%). Le biblioteche sono più freqentate nel nord-est (16,1%), poi nel nord-ovest (13,5%) e nel centro (11,1%). Sensibilmente più bassa è la percentuale dei meridionali (7,7%) e degli abitanti di Sardegna e Sicilia. In Trentino Alto Adige e in Val d'Aosta si va in biblioteca spessissimo (28,8% e 27%). La quota più bassa è in Campania (6,2%). Ma qui torna il corto circuito fra domanda e offerta: le biblioteche sono concentrate al nord per oltre il 50%, al centro sono il 20,6%, al sud il 28,6%. De Mauro segnala come, fra i motivi che i non lettori hanno indicato quale causa della scarsa dimestichezza con i libri, solo un 3% diceva: 'Non leggo perché non trovo biblioteche'. 'Vuole dire', chiosa De Mauro, 'che non esiste neanche la consapevolezza dell'esistenza di luoghi pubblici dove si possono avere in prestito o leggere libri. D'altronde sono in pochi a sapere che prima dei bombardamenti americani Bagdad offriva più luoghi di lettura pubblica che non Roma'." (da Francesco Erbani, Le nostre biblioteche salvate dalle donne, "La Repubblica", 22/08/'09)

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