martedì 4 agosto 2009

Anteprima nazionale


"Che cosa farai da grande? Nei giochi dell'infanzia di chi da tempo percorre le vie degli "anta" era l'interrogativo più proposto. La fantasia, impegnata a supplire la carenza di beni d'uso del presente, era obbligata agli straordinari e s'inoltrava nel futuro prossimo dei giovanissimi proponendo scenari mutuati dalle tradizioni familiari e dalle prime letture. I piccoli italiani immaginavano se stessi nel domani perché il domani era l'oggetto permanente dei dialoghi di un'intera nazione sia quando disputava sui principi fondanti della carta costituzionale sia quando agognava la nuova cucina economica con gli armadietti in formica. Nel bene e nel male, ma la corrente si muoveva in quel verso. Oggi quel meccanismo s'è spezzato, il nostro generatore del futuro, l'immaginazione, gira a vuoto. E con essa la fantasia. L'ultima volta che è stata al potere ci ha fatto sognare, ma il sogno s'è presto spezzato e sono rimaste troppe macerie. Il presente si espande in ogni direzione e si riproduce senza sosta impedendoci di guardare avanti. E' questa la tesi dalla quale prende le mosse Anteprima nazionale, il volume curato da Giorgio Vasta per Minimum fax. Nove tra i maggiori autori italiani sono stati sollecitati a narrare il futuro in forma di brevi racconti che disegnano le trame dei rapporti politici e sociali, immaginano il quotidiano e il costume. Si guarda avanti per capire l'oggi, si scrutano i decenni maturi del Terzo Millennio per comprendere le incertezze del presente. Una sorta di prova rovesciata sulla base dell'esperienza futura che non solo è consentita, ma è doverosa per chi lavora con le parole e il pensiero.
Il risultato di queste incursioni nel divenire non ci lascia scampo, pur consapevoli che in letteratura le categorie del pessimismo e dell'ottimismo devono cedere il passo ad altri strumenti d'analisi. Certo fa riflettere quanto convergenti siano le vie che conducono nove differenti moduli narrativi verso quella che Giorgio Vasta nella sua prefazione definisce no man's land ovvero un'Italia "che esiste alla periferia del tempo, che si mette fuori dal tempo, si autoemargina". E' il Paese dove, piuttosto che fare la storia, si preferisce farsi inquadrare. E' il Paese della frammentazione tribale che ha sostituito l'idea di comunità. E' il Paese dove l'identità viene suggerita dai diversi gestori telefonici. E' il Paese dove non ci sono cittadini, ma utenti. Il neorealismo senza sogni dell'Italia d'oggi è per certi versi più terrificante delle immagini delle macerie postbelliche del secolo scorso. In quelle macerie c'erano germi di rinascita che non si rintracciano in un Paese 'bieco, querulo e petulante, più gastrico che viscerale, incapace di confrontarsi con la complessità dei fenomeni: in sostanza un moralismo senza morale'.
Perciò e nonostante ciò vale la pena leggere questi nove racconti e le visioni che ci offrono del nostro futuro invisibile. Lo si può fare seguendo le vicende del commando di Tullio Avoledo che, nell'impossibilità di correggere il passato e di salvare dall'orrore i bambini di Theresienstadt, si fa beffe della statua del Capo, costretto a ripugnanti rapporti con il gigantesco monumento ad Alberto da Giussano. O mettendosi in viaggio 'tutto incluso' con Giorgio Falco attraverso una vecchiaia senza tempo, vissuta in tuta dalla mattina alla sera, andando in posta o al supermercato. O scivolando nella palude attorno a quella che un tempo fu Ferrara e cercare nelle frasi dialettali tracce di comunità. Scrive un membro del collettivo Wu Ming: 'Vedere le macerie di una lingua strizza il cuore. Ogni parola che si estingue è una casa che cede, si piega e si infossa, affonda nella sabbia. Queste erano parole abitate, esseri umani le riempivano di vita e di storia'.
Di qui in poi i racconti descrivono l'Italia mutante sotto dell'effetto del disastro nucleare (Tommaso Pincio) che fa del giorno dello scoppio del reattore il nuovo 25 Aprile, con le particelle reattive che schizzano in alto nel cielo per più di mille metri. C'è poi l'Italia governata dai capi bastone (Valerio Evangelisti) con le mafie che si fanno la guerra tra i banchi di Montecitorio. C'è l'Italia del controllo del futuro (Ascanio Celestini) trasformata in un set cinematografico dove la paura è il motore costante. C'è il Paese immaginato da Giancarlo De Cataldo con esseri controllati da microchip e guidati da un potere che ha cancellato la memoria in nome del Messaggio Unico Positivo. Giuseppe Genna e Alessandro Bergonzoni ci conducono a una rivisitazione di ciò che resta della nostra identità nazionale. Il primo con una trasmissione condotta da un redivivo Enzo Tortora che presenta Spirit, l'occhio inviato sul pianeta alieno e ravvivata da una Rita Levi Montalcini incapace di leggere il futuro. Il secondo ci invita a creare un nuovo ordine attraverso il linguaggio. Un messaggio di speranza in tanta disperazione e una chiusura col sorriso grazie a pagine fitte di aforismi e, per dirla con l'autore, alle tipologie di regole duemilaetrentinee. Accogliamo così il suo invito a 'Saper cosa dire quando si deve tacere'." (da Giuseppe Ceretti, Anteprima nazionale, "Il Sole 24 Ore", 30/07/'09)

Nessun commento: