venerdì 11 aprile 2008

Il paese del rancore. Alle radici dell'antipolitica


"Una società rancorosa, risentita. Un paese, l'Italia, percorso da una specie di rabbia da frustrazione, un sentimento violento vissuto di solito sul piano dei rapporti personali, ma che ora diventa sentire collettivo, avvelena i rapporti sociali e si sfoga in una sorda ribellione contro le classi dirigenti, quella politica in primo luogo. A giudicare da libri e articoli che si infittiscono sull'argomento, 'rancore' sta diventando una parola chiave per la comprensione della società italiana. Una categoria indispensabile per tentare di afferrare quanto si agita negli strati più profondi, al nord, soprattutto, ma non solo. Una prospettiva nuova da cui guardare a fenomeni eclatanti: la disintegrazione sociale, il razzismo contro gli immigrati, l'antipolitica nelle sue forme più isteriche. Ma anche per capire come dalla società salgano richieste legittime che, lasciate a lungo senza risposta, finiscono fatalmente per irrancidire e prendere forma di 'risentimento'. L'argomento attira l'interesse di studiosi con inclinazioni e profili i più diversi. In questi giorni arriva nelle librerie Il rancore, di Aldo Bonomi (Feltrinelli) che vuole andare alle 'radici del malessere del Nord' (come recita il sottotitolo) e che offre qualche indicazione per comprendere perché il 'malessere' sta contagiando anche il resto del Paese. Bollati Boringhieri aveva pubblicato pochi mesi fa Itinerari del rancore (a cura di Renato Rizzi) dove vari contributi analizzano in particolare gli aspetti psicologici di 'un sentimento più che mai diffuso che permea e ammorba la società e i singoli'. Uno strumento per vedere come una 'psicopatologia' può trasformarsi in un problema sociale. Un saggio del politologo Roberto Cartocci sull'ultimo numero della rivista "Il Mulino", La costruzione politica del risentimento, giudica quest'ultimo il 'tratto unitario che ha contraddistinto questi tre lustri, una sorta di cifra caratteristica della seconda Repubblica' e mostra come la politica non ha dato al rancore che sale dalla società espressione e risposte, ma solo voce e amplificazione, e così alimentadolo e moltiplicandolo. Ad aggiungervi nutrimento, ha avvertito su queste pagine Giuseppe D'Avanzo, contribuiscono i media (perlomeno alcuni), che si saldano alla 'cattiva politica' nella costruzione di vere e proprie 'agenzie del risentimento'. Il libro di Bonomi si concentra sui processi economici che negli ultimi venti anni hanno cambiato la faccia del paese e che nel dibattito pubblico stentano a essere messi a fuoco con esattezza. Non può essere altrimenti, vista l'esperienza dell'autore che coniuga l'attività di studioso con quella di operatore sul campo (Bonomi ha fondato e dirige l'Aaster). Il punto di partenza della sua analisi è la trasformazione dei processi produttivi che sul finire del secolo scorso stravolge il panorama economico, sociale e anche mentale del settentrione italiano. 'Si tratta di un autentico passaggio epocale', dice Bonomi. 'Il passaggio dalla società del dopoguerra, dove i fini erano certi e i mezzi scarsi, a quella di oggi dove i mezzi sono abbondantissimi, ma i fini incerti. Viviamo il tramonto dei grandi interessi collettivi e delle grandi organizzazioni, stati, partiti, sindacati. Il conflitto tipico del fordismo, quello tra capitale e lavoro, con lo stato in mezzo a mediare e redistribuire, non esiste più'. E' il momento dell'impresa diffusa, del 'capitalismo molecolare', che insieme al reddito, alla ricchezza prodotta, porta con sé nuovi problemi. Bonomi individua tre 'luoghi' esemplari investiti dal cambiamento che danno origine a tre figure sociali di 'sradicati': 'Il piccolo paese montano in Val Chiavenna: tutti i luoghi di aggregazione spariscono, e con essi si perde il 'paese': ecco gli spaesati. Nella Pedemontana lombarda si ristruttura, si lavora, si produce, ma il sistema non funziona: abbiamo gli stressati. A Milano, la 'città infinita', troviamo gli ex operai dell'Alfa Romeo, orfani della grande fabbrica fordista'. Spaesati, stressati, orfani, persone che hanno subito un'apocalisse culturale, non si riconoscono più in ciò che era abituale, hanno subito una perdita. Ecco una delle origini del rancore, dal momento che questo nasce dalla convinzione, giusta o sbagliata, di aver subito un torto, eccone una motivazione. 'Chi è sradicato, sradica', dice Bonomi. [...]" (da Leopoldo Fabiani, Il paese del rancore. Alle radici dell'antipolitica, "La Repubblica", 11/04/'08)

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