domenica 6 aprile 2008

Beethoven era per un sedicesimo nero di Nadine Gordimer


"Il Nobel (1991) Nadine Gordimer è da oggi festeggiata a Pordenone dove, nel festival "Dedica", presenterà il suo ultimo libro Beethoven era per un sedicesimo nero (Feltrinelli). Raccolta di tredici testi narrativi e saggistico-giornalistici, il volume della scrittrice sudafricana, sempre lucida e brillante ad onta della sua età (è nata nel 1923), si raccomanda a mio parere per il racconto di apertura, che significativamente ne fornisce il titolo, e affronta un tema cruciale con penetrante ironia. Vorrei fare un passo indietro per rammentare che, parecchi anni or sono, due autori sudafricani di colore, miei amici, Lewis Nkosi e Sipho Sepamla, criticarono duramente i personaggi neri della Gordimer. Se, essi sostenevano, la tormentata nevrosi dei personaggi bianchi appariva di ammirevole spessore, l’autrice rappresentava i neri in chiave per così dire paternalistica, facendone dei personaggi di comodo. La Gordimer si risentì, anche se avevano ragione loro, a parer mio. Ma devo riconoscere che ora con Beethoven era per un sedicesimo nero affronta splendidamente il tema, di paradossale attualità, che mette a fuoco nel primo paragrafo: 'Un tempo c’erano neri che volevano essere bianchi. Ora ci sono bianchi che vogliono essere neri. Il segreto è lo stesso'. In una prospettiva sudafricana, il paradosso ha unsenso preciso, specie se lo consideriamo alla luce del crollo dell’apartheid, della crescente egemonia dei neri in politica e - aspetto tutt’altro che secondario - nel mondo accademico. Il personaggio del racconto, Frederick Morris, ovviamente bianco, professore universitario di biologia, aveva combattuto l’apartheid ma oggi non riscuote alcuna particolare simpatia da parte degli studenti neri, la maggioranza, i quali 'apprezzano il sostegno dei bianchi ... Non si può stare dalla parte degli altri'. Ora, il discorso risulta alquanto pertinente per ciò che riguarda il Sudafrica, dove il nazionalismo o persino l’integralismo nero ha raggiunto estremi considerevoli. In misura maggiore o minore, accanto al grande riscatto in Occidente dei discendenti degli schiavi africani, quasi specularmente la risposta acquista almeno due aspetti complementari: la vera e propria moda dell’universo nero a molti livelli (il caso Obama lo ribadisce), e una sorta di complesso di colpa e/o di inferiorità. Se il nero vorrebbe essere bianco per riscattarsi di una sudditanza plurisecolare, il bianco vorrebbe essere nero quasi per una mimesi, una riappropriazione, una salutare metamorfosi. Il racconto della Gordimer mi sembra, alla luce di queste considerazioni, del tutto esemplare. Nella Tempesta di Shakespeare, ultima scena, il duca Prospero si rivolge all’istintivo, spesso inarticolato nero Caliban, e proclama: 'Questa creatura di tenebra la riconosco per mia'. Ora stiamo assistendo alla clamorosa rivincita di Caliban. Che tempi." (da Claudio Gorlier, Gordimer e la rivincita del nero Caliban, "TuttoLibri", "La Stampa", 05/04/'08)
Interviews (da BBC Four)

1 commento:

Anonimo ha detto...

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